Anche a noi tocca…litigare!

Il decreto Pillon e la mediazione familiare

Che ci riguardi o meno, anche questa volta abbiamo assistito al solito copione: nel momento in cui è stato redatto il disegno di legge numero 775 primo firmatario Simone Pillon e presentato in sordina sul tavolo della commissione parlamentare, abbiamo cominciato “a sentire parlare” di mediazione familiare. Il ddl in questione ha attirato su di sè tante giustissime critiche (nonostante, ahimè, il relatore leghista Pillon sia un avvocato cassazionista e sia anche un mediatore familiare formatosi presso la S.I.Me.F – Società Italiana di Mediatori Familiari – con un master breve […dalla sua pagina su Wikipedia https://it.wikipedia.org/wiki/Simone_Pillon in “mediazione familiare, (se solo avesse allungato i tempi di approfondimento, forse non avremmo avuto nulla di cui discutere!!! (ndr)”) ed ha avuto il merito e demerito di far levare gli scudi e far versare fiumi di parole su cosa “non dovrebbe essere” un percorso di mediazione familiare.

Quanto tempo invece noi mediatori familiari dedichiamo in prima battuta, e durante il colloquio informativo, a descrivere attentamente ai genitori “cosa è e a cosa serve la mediazione familiare”. Ed è anche vero, che nel giro di pochi incontri noi potremmo valutare che per vari motivi la coppia di genitori non può essere mediabile, ossia genitori che non sono pronti ad intraprendere un percorso di mediazione familiare o che necessitano di una fase di pre-mediazione (come spesso la chiamiamo noi “ di una fase propedeutica alla mediazione”).

Nonostante questo, rimane spesso un senso di appagamento in quanto crediamo che nei primi incontri noi promuoviamo il senso “della mediazione familiare”, definendone il modello teorico e le fasi lungo le quali questo modello si declina. Lo facciamo con molta attenzione, anche perché quei genitori che non sono pronti per la mediazione, lo potranno essere dopo qualche tempo, oppure chiederanno loro stessi di intraprendere un percorso di mediazione quando saranno focalizzati sui bisogni dei figli e meno coinvolti in quel conflitto che loro molto spesso aspramente esprimono. Lavoriamo in questo modo, convinti che prima o poi un cambiamento culturale importante ci sarà!!!!!!

La mediazione familiare è un intervento specifico, sorto dall’esigenza di ridurre le conseguenze negative dovute all’alta conflittualità tra individui o gruppi di individui che sono legati tra di loro da una rete di relazioni. La relazione in se stessa, nella sua trasformazione, nei legami sociali cui dà vita, rappresenta, quindi, la base del processo mediativo.

Tale processo vede il conflitto come possibilità costruttiva, se ricondotto a pratiche di negoziazione e di ristrutturazione del legame. Il mediatore è una persona equidistante, o meglio assume l’equivicinanza con il suo ruolo di terzietà, poiché sta in mezzo e aiuta le parti a tirare fuori le personali potenzialità e l’autonoma capacità di gestire le situazioni conflittuali in un’ottica di empowerment.

Il mediatore diventa uno specchio che riflette le emozioni dei protagonisti e li aiuta a “oggettivizzare” il conflitto aiutando le parti a chiarire i propri sentimenti e a esprimerli in modo consapevole guidando il colloquio, affinché si giunga ad una soluzione autonoma del conflitto. È molto chiara la definizione della S.I.Me.F. (società dotata di un nuovo codice deontologico e di comportamento entrato in vigore il 13 settembre 2014 al quale devono attenersi tutti i soci, anche quelli in formazione durante la fase pratica), del mediatore familiare in quanto professionista qualificato che: interviene, quale figura terza, in un ambiente neutrale e in autonomia dall’ambito giudiziario, nel percorso di riorganizzazione delle relazioni familiari nei casi di cessazione di un rapporto di coppia a qualsiasi titolo costituito. Si adopera affinchè, in fasi critiche connotate da conflitto, le parti raggiungano in prima persona accordi direttamente negoziati, rispetto ai bisogni e interessi da loro stessi definiti con particolare attenzione ai figli e al fine del mantenimento ed esercizio della comune responsabilità genitoriale.(Regolamento art.2)

Si tratta di un processo strutturato che, come ricorda il regolamento della Simef, richiede al mediatore competenze trasversali:

  • saper assumere la posizione di terzo tra le persone in conflitto.
  • saper svolgere una adeguata analisi della richiesta
  • attuare un ascolto partecipe ed attivo
  • essere rispettoso delle diverse culture di appartenenza
  • conoscere il ciclo di vita della famiglia e l’impatto della crisi separativa sui suoi componenti
  • conoscere le fasi dell’età evolutiva e i bisogni dei bambini e adolescenti nelle situazioni di separazione.
  • Conoscere la legislazione in materia di separazione e divorzio.

Ma anche competenze specifiche:

  • saper strutturare il percorso di mediazione familiare in fasi.
  • saper strutturare e mantenere il setting di mediazione familiare.
  • saper analizzare la domanda delle persone, verificandone la pertinenza con gli obiettivi e le caratteristiche del percorso di MF.
  • Saper individuare la tipologia del conflitto e sviluppare adeguate tecniche di colloquio.
  • Saper definire gli obiettivi della MF.
  • Saper esporre e condividere le regole del percorso
  • saper favorire la negoziazione tra le parti ed il raggiungimento degli accordi

Seguiremo molto da vicino e con sguardo critico ogni tentativo di modifica con iter parlamentare del nostro attuale modello giuridico in relazione alla separazione e alla mediazione familiare. Visto che questa volta siamo seriamente chiamati in causa, di certo noi psicologi non abbasseremo la guardia!!!!!!

2020-02-12T12:28:34+01:00